Question Time: Fase 2 Covid-19 – Aggiornamento su iniziative per il contenimento del contagio – effetti su privacy e libertà personali

Aprile 23, 2020
  • Mary Cassatt – The Letter (1890-91)- Art Institute of Chicago

In relazione alla c.d. “Fase 2” il governo è a lavoro per consentire una riapertura graduale delle attività. Sono attese delle disposizioni sia a livello nazionale sia a livello sovranazionale. L’attuale sfida è rappresentata dalla scelta di soluzioni che consentano di trattare i dati personali per monitorare i potenziali contagiati e controllare la diffusione del virus.

D: E’ possibile che le autorità italiane impongano ai cittadini di assoggettarsi a esami diagnostici per accertare la presenza del virus Covid-19?  

R.: Sì, è possibile stabilire un obbligo di analisi ma solo con idonee disposizioni di legge. Il bene “salute”, come necessità di avere una comunità sana, deve essere infatti salvaguardato e protetto in quanto espressione del diritto alla salute del singolo nell’interesse dalla collettività.

D: E’ possibile che la fruizione di servizi di trasporto (es: volo aereo) continui a essere assoggettata alla condizione dell’effettuazione del rilevamento della temperatura corporea?   

R.: Sì, ma i risultati degli esami devono essere anonimi e non devono essere conservati. Fino a quando permarrà il rischio di epidemia ciascuno Stato, attraverso idonee disposizioni legislative, potrà continuare, anche nella c.d. Fase 2, a mantenere in essere misure di contenimento. Tali misure dovranno essere congrue e proporzionate, nonché confortate dalle indicazioni che sicuramente saranno espresse dall’Organizzazione Mondiale della Sanità e dalle Autorità Garanti della Privacy dei singoli Stati. E’ auspicabile che vi sia una uniformità di provvedimenti a livello europeo (e mondiale), così da garantire effettivamente e contemporaneamente lo stesso livello di protezione.

D: E’ possibile che per rientrare a lavoro ai dipendenti sia richiesto di effettuare esami diagnostici per accertare la presenza del virus Covid-19?   

R.: Sì, il datore di lavoro può richiedere le analisi o anche altro tipo di misura collegata al mantenimento della sicurezza sul luogo di lavoro (es: tracciamento contatti). A meno che non vi siano provvedimenti statali in proposito, i dipendenti potranno aderire alla richiesta su base volontaria e sempre  previa informativa sulle finalità e modalità di trattamento dei dati.

D: In caso di esito positivo degli esami diagnostici per accertare la presenza del virus Covid-19 è possibile per le autorità italiane procedere al tracciamento degli spostamenti dell’utente (mediante GPS, Bluetooth o altra tecnologia)?  

R.: Durante la prima fase dell’emergenza Covid-19 le Autorità italiane hanno provveduto alle indagini per il tracciamento dei possibili contatti sulla base delle indicazioni fornite dai contagiati. Per la Fase 2 l’Italia si sta indirizzando verso la possibilità di tracciare, su base volontaria, i contatti del soggetto poi risultato positivo con acquisizione, a ritroso, di informazioni sull’interazione con altre persone  (contact tracing) mediante l’utilizzo della tecnologia bluetooth che consente a un dispositivo di riconoscere la presenza di altro apparato in caso di prossimità.  Diversi tipi di verifica volti ad imporre il tracciamento anche per accertare, ad esempio, l’obbligo di permanenza domiciliare in caso di contagio appaiono, per ora, esclusi.  L’eventuale normativa volta a regolare il tracciamento senza consenso dovrebbe avere carattere temporaneo e dovrebbe prevedere adeguate garanzie limitando lo scopo della raccolta dei dati al contrasto della diffusione del virus, senza possibilità di ulteriori usi.

D: Il Governo ha dato il via libera all’applicazione per telefoni cellulari per il tracciamento del contagio. I requisiti di funzionamento dell’”app” sono idonei a tutelare la privacy?

R.: Si chiamerà Immuni l’applicazione italiana per il tracciamento del contagio del coronavirus durante la Fase 2. L’utilizzo dovrà essere su base volontaria e mediante tecnologia Bluetooth, in conformità con le indicazioni fornite al riguardo sia dal Garante Privacy italiano (https://www.garanteprivacy.it/web/guest/home/docweb/-/docweb-display/docweb/9308774) sia dall’European Data Protection Board (https://edpb.europa.eu/news/news/2020/twenty-first-plenary-session-european-data-protection-board-letter-concerning_en).

D: Come funzionerà l’”app” Immuni?

R.: Le metodologie di funzionamento sono ancora da confermare in modo definitivo ma il meccanismo che da ultimo si tende ad implementare è quello più garantista del c.d. modello “decentralizzato”. I cittadini potranno scaricare l’”app” sul proprio telefono cellulare. Una volta scaricata, l’”app” crea un registro dei contatti nel quale sono contenute tre informazioni:

  • quali sono i dispositivi con i quali si è entrati in contatto (via bluetooth)
  • a che distanza
  • per quanto tempo è durato il contatto

Le informazioni verranno conservate sul dispositivo. Si creerà un ID anonimo che i cellulari si scambieranno ogni volta che entreranno in contatto (via buetooth). L’utilizzatore risultato positivo al test Covid-19  potrà dare il consenso al trattamento dei dati conservati sul proprio dispositivo in modo da ricostruire la cronologia degli eventuali contatti. L’operatore sanitario permette al paziente di caricare su un server questi identificativi anonimi con cui il suo smartphone è entrato in contatto. Il server manda a tutti i dispositivi cellulari dotati di app la lista dei codici. Se l’app riconosce il proprio in quella lista invierà una notifica di alert per avvertire dell’esistenza di pericolo di contagio invitando a seguire i protocolli (che verranno indicati nel messaggio) anche prima che si sviluppino eventuali sintomi.

D: L’”app” Immuni sarà davvero efficace per contrastare la diffusione del contagio?

R.: In attesa del vaccino e di ulteriori risultati scientifici, certamente ricorrere all’utilizzo della tecnologia è opportuno. L’applicazione dovrebbe riuscire a tracciare la rete di contatti. La tecnologia consente però solamente di anticipare l’isolamento di soggetti potenzialmente portatori del virus. L’efficacia della tecnologia non potrà prescindere dall’utilizzo degli strumenti diagnostici in grado di accertare la presenza del virus e/o dell’immunità e da adeguate cautele di distanziamento sociale. Eventuali obblighi in tale senso dovranno essere normativamente regolamentati. Inoltre, sempre ai fini di ottenere un risultato efficace, sembra appaia necessario che l’applicazione Immuni sia utilizzata da almeno il 60% della popolazione.

D: L’”app” Immuni segue il modello già utilizzato da alcuni paesi asiatici?

 R.: No, il Garante Privacy italiano ha espressamente escluso l‘utilizzo di tecnologie di contact tracing basate su alcuni modelli orientali che sembrano prevedere, l’adesione obbligatoria e non volontaria e/o il tracciamento dei contagiati per la verifica dell’obbligo di rispettare la quarantena o, ancora, connesso alla possibilità di ricevere servizi. Il Garante ha, al riguardo, espressamente evidenziato come  il consenso al trattamento dei dati, “se prefigurato come presupposto necessario, ad esempio per usufruire di determinati servizi o beni (si pensi al sistema cinese)”, non potrebbe ritenersi effettivamente valido “perché indebitamente e inevitabilmente condizionato” .

D:  Sono prevedibili misure alternative all’”app” Immuni nel caso ad esempio di impossibilità o difficoltà di utilizzo della stessa da parte dei cittadini?

R.: Ancora non vi sono informazioni e soluzioni certe, ma si sente parlare moltissimo della possibilità di fornire un braccialetto, utile soprattutto per la popolazione meno abituata all’utilizzo della tecnologia. Anche in questo caso, però, dovrà rimanere facoltativa la scelta di indossarlo o meno.

D: Quali regole si stanno ipotizzando per la riapertura di società, aziende, e uffici.

Durante la Fase 2 dovrebbe permanere la regola del distanziamento sociale e si sta discutendo della possibilità di rendere obbligatorie alcune misure di protezione personale (mascherine, guanti, ecc…). Le aziende potrebbero essere costrette a riorganizzare gli spazi evitando che si creino assembramenti.

D: Quali sono gli strumenti giuridici per obbligare il cittadino al rispetto della quarantena in caso di esito positivo degli esami diagnostici per accertare la presenza del virus Covid-19 o di contatto con persona che abbia contratto il virus?  

R.: Le disposizioni in materia di contenimento e gestione dell’emergenza epidemiologica da COVID-19 stabiliscono il divieto assoluto di mobilità delle persone sottoposte alla misura della quarantena o che sono risultate positive al virus. A beneficio del superiore interesse alla salute della collettività (art. 32 della Costituzione) le autorità statali possono limitare i diritti costituzionalmente garantiti quali anche la libertà di circolazione, espatrio, culto, riunione, istruzione e libera iniziativa economica. La violazione della c.d. “quarantena obbligatoria” è sanzionata a livello penale.

D: E’ prevedibile l’uso di droni per monitorare lo spostamento dei cittadini anche nella fase 2? Quali sono le garanzie a tutela della privacy?

R.: Sì. L’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), allo scopo di garantire il contenimento dell’emergenza epidemiologica, ha autorizzato le forze dell’ordine a utilizzare droni per il monitoraggio degli spostamenti dei cittadini sul territorio comunale. Tale autorizzazione, inizialmente concessa sino al 3 aprile 2020, è stata prorogata dall’ENAC al 28 aprile 2020 e, successivamente, fino al 3 maggio 2020. E’ prevedibile che possa essere ancora rinnovata per le stesse finalità. Tenuto conto della limitazione della privacy che questo utilizzo comporta, occorrerà rendere una chiara informazione ai cittadini sulla decisione di monitorare alcune aree interessate tramite droni, senza interventi “a sorpresa”. Tale informazione dovrà altresì dettagliare modalità e finalità del trattamento, data retention e sistemi di tutela degli interessati.

Scarica il documento in formato pdf